Viaggiare è un piacere, ma talvolta può capitare che si viva l’esperienza di una vacanza in un luogo nuovo, con turbamento ed ansia: una sensazione di malessere apparentemente senza ragione pervade il viaggiatore una volta giunto a destinazione. Si tratta di quella che viene definita sindrome del viaggiatore e che si manifesta in forme differenti.
Il professore Olivier Bouchard, oggi membro del Centro Consiglio ai viaggiatori del Centro ospedaliero universitario di Avicenne, si è interessato a questo fenomeno spiegando quali sono i meccanismi che si innescano al manifestarsi della sindrome nelle sue diverse forme.
Il malessere sopraggiunge nel soggetto per la forte carica emotiva dalla quale è investito durante l’esperienza del viaggio ed in particolare per scontro con la realtà, confrontata con le aspettative. Emozioni forti, delusione delle aspettative precedenti il viaggio o la visita di luoghi specifici, possono portare, in alcuni soggetti, al manifestarsi della sindrome, attraverso differenti sintomi come capogiri, tachicardie o vere e proprie crisi di panico o delirio. Come spiega il professore Bouchad, “La sindrome del viaggiatore corrisponde a preoccupazioni psicologiche passeggere, che sentono alcune persone quando la differenza tra l’idea che hanno del loro viaggio e la realtà è troppo grande”
Le forme più frequenti della sindrome del viaggiatore sono legate a città o luoghi specifici, giacché è proprio lì che si verificano i casi più frequenti.
La sindrome di Parigi si manifesta quando, visitando la capitale francese, di cui si ha un’idea di città romatica e lussuosa (e dunque un’alta aspettativa) ci si ritrova in una città non molto pulita e piuttosto frenetica. Sono soprattutto i giapponesi quelli che subiscono i sintomi di questa sindrome.
La sindrome di Firenze, invece, meglio conosciuta come sindrome di Stendhal è legata alla forte emozione che si prova al cospetto si opere d’arte di straordinaria bellezza. Capogiri, tachicardia, vertigini sono i sintomi più frequenti.
La sindrome di Gerusalemme è determinata da una “sensazione di svilimento” che colpisce i turisti che si aspettavano un viaggio mistico e invece si ritrovano in una realtà differente.
Simile il meccanismo che porta al manifestarsi della sindrome dell’India dove “Il malessere nasce dalle persone che non scoprono il misticismo indiano sperato. Si ritrovano piuttosto a confrontarsi con la violenza e la povertà dell’India. Non arrivano a trovare la serenità che questo viaggio avrebbe dovuto procurargli”.
In sostanza per “Per la sindrome di Stendhal – spiega Bouvhad – siamo in un meccanismo positivo. È l’eccesso di bellezza che crea il malessere. Mentre per le altre tre si tratta piuttosto di delusione come elemento scatenante”.
Il professore rassicura sul fatto che non si tratta di una sindrome grave bensì di un fenomeno episodico che, dunque, si conclude al termine del viaggio, con il rientro a casa. Talvolta però la sindrome del viaggiatore può rivelare disturbi di personalità più seri.
Una delle precauzioni da prendere è quella di non effettuare i viaggi da soli. Confrontarsi o avere qualcuno vicino durante la manifestazione espressiva della sindrome, può essere di grande conforto, alleviare i sintomi e facilitare il ritorno ad uno stato di tranquillità nell’immediato.